Ecco i 5 segnali nascosti che il tuo partner potrebbe tradirti, secondo la psicologia

La sensazione che qualcosa non quadri nella vostra relazione può essere davvero insidiosa. Quel fastidio nella pancia, quel sesto senso che vi dice che il partner sembra distante, che le conversazioni sono sempre più vuote. Vi ritrovate a chiedervi se state impazzinendo o se davvero qualcosa sta cambiando. La buona notizia è che non state impazzinendo. La cattiva è che potreste avere ragione a preoccuparvi. Ma prima di entrare nel panico, dobbiamo chiarire una cosa fondamentale: i segnali di cui parliamo non sono prove di tradimento, ma indicatori che la vostra relazione sta attraversando una fase critica, dove la vulnerabilità aumenta e il rischio che uno dei due cerchi connessione altrove diventa più concreto.

Studi recenti nel campo della psicologia delle relazioni mostrano che l’infedeltà raramente è un fulmine a ciel sereno. Prima che si arrivi al tradimento vero e proprio, ci sono quasi sempre dei campanelli d’allarme che indicano una disconnessione emotiva crescente. Secondo ricerche pubblicate su riviste come il Journal of Family Psychology e il Journal of Sex Research, esistono pattern comportamentali ricorrenti che precedono l’infedeltà e che hanno a che fare con insoddisfazione relazionale, distanza emotiva e cambiamenti nelle dinamiche di coppia. Riconoscere questi segnali non significa giocare al processo, ma capire quando è il momento di fermarsi, guardarsi negli occhi e chiedersi che cosa ci sta succedendo. Perché l’obiettivo non è scoprire un colpevole, ma salvare una relazione prima che sia troppo tardi.

La disconnessione emotiva che trasforma il partner in uno sconosciuto

Il primo segnale che qualcosa si sta rompendo è la disconnessione emotiva. Non stiamo parlando di quei giorni in cui uno dei due è stressato e ha bisogno di stare un po’ per conto suo. Parliamo di quel cambiamento silenzioso e persistente in cui le conversazioni diventano sempre più superficiali, ridotte a pura logistica domestica. Le ricerche nel campo delle dinamiche di coppia hanno dimostrato che la riduzione dell’intimità emotiva è uno dei predittori più affidabili di insoddisfazione relazionale.

Quando un partner smette di condividere pensieri, preoccupazioni, piccoli successi della giornata, significa che sta gradualmente chiudendo quella porta che una volta era spalancata solo per voi. Il problema di questa disconnessione è che avviene in modo subdolo, senza un momento preciso. Succede conversazione dopo conversazione che non avviene, emozione dopo emozione che non viene condivisa. Un giorno vi accorgete che vivete come due coinquilini educati che dividono lo spazio e le bollette, ma non la vita.

Secondo la teoria dell’attaccamento adulto, studiata da ricercatori come Mikulincer e Shaver, una coppia sana dovrebbe funzionare come base sicura, un porto dove tornare quando le acque si fanno agitate. Quando questa funzione viene meno, quando il partner smette di appoggiarsi emotivamente a voi, la relazione diventa vulnerabile. E in quello spazio vuoto può infilarsi qualcun altro che, con un ascolto attento e interessato, riempie il vuoto che si è creato a casa.

Perché questa distanza è così pericolosa

Gli esseri umani hanno un bisogno innato di sentirsi visti, capiti, emotivamente nutriti. Quando questo bisogno non viene soddisfatto nella relazione primaria, aumenta naturalmente la probabilità che venga cercato altrove. Studi sull’infedeltà emotiva, come quelli condotti da Glass e Wright pubblicati sul Journal of Marital and Family Therapy, mostrano che spesso il processo inizia proprio da uno spostamento progressivo della condivisione emotiva verso una terza persona, prima ancora che ci sia contatto fisico. Se a casa trovate solo silenzio o conversazioni da call center, è normale che lo sguardo si sposti verso qualcuno che sembra davvero interessato a chi siete.

Quando l’intimità fisica diventa un dovere da spuntare dalla lista

Il secondo campanello d’allarme riguarda l’intimità fisica. Dobbiamo fare una distinzione importante: non stiamo parlando dei normali cali di desiderio che capitano in tutte le relazioni di lunga durata. Stiamo parlando di un cambiamento qualitativo profondo nel modo in cui vi relazionate fisicamente. Il sesso diventa meccanico, privo di coinvolgimento emotivo, quasi un compito da sbrigare per non sentirsi in colpa. Oppure, all’estremo opposto, l’intimità fisica scompare completamente senza che ci sia stato un dialogo a riguardo.

Gli studi sull’insoddisfazione sessuale nelle coppie, come la meta-analisi pubblicata da Allen e colleghi sul Journal of Family Psychology, indicano che la scarsa soddisfazione sessuale è uno dei principali predittori di infedeltà. Ma questo non significa che se fate meno sesso il partner vi tradirà automaticamente. Significa che quando l’intimità fisica perde la sua componente emotiva, quando diventa un gesto vuoto, è sintomo di un malessere relazionale più profondo che merita attenzione.

In una relazione soddisfacente, l’intimità fisica è anche e soprattutto un modo di esprimere intimità emotiva attraverso il corpo. Quando quella componente scompare, quando il sesso diventa un dovere o viene completamente evitato, significa che si è creata una frattura nella connessione di coppia. Prima di saltare alle conclusioni, però, ricordate che la riduzione del desiderio può avere molte cause che non c’entrano nulla con l’infedeltà: depressione, burnout lavorativo, problemi di salute, effetti collaterali di farmaci, stress cronico, cambiamenti ormonali. È un campanello d’allarme che qualcosa non va, ma non necessariamente un segnale di tradimento imminente. È un invito a parlare, a capire, a cercare insieme cosa non sta funzionando.

Lo smartphone che diventa più importante di voi

Terzo segnale, probabilmente il più discusso nell’era digitale: i cambiamenti improvvisi nelle abitudini tecnologiche. Il partner che improvvisamente porta il telefono ovunque, anche in bagno. Lo schermo che viene nascosto ogni volta che entrate nella stanza. Le password cambiate senza motivo apparente. Le reazioni eccessivamente difensive o irritate se fate una domanda innocente su una notifica.

La ricerca sul comportamento di coppia nell’era digitale ha evidenziato che l’aumento improvviso della segretezza tecnologica è uno dei pattern più frequentemente osservati quando una relazione sta attraversando una fase critica. Studi su infedeltà online e uso problematico dei social media in coppia, come quelli pubblicati da Hertlein e Stevenson sul Family Journal, mostrano che comportamenti come cancellazione sistematica di messaggi, uso nascosto di app di incontri o reazioni difensive eccessive sono frequentemente associati a tradimenti emotivi o fisici mediati dalla tecnologia.

Anche qui, facciamo chiarezza: fase critica non significa automaticamente tradimento in corso. Può significare conversazioni borderline con un collega, uso di app di dating per bisogno di validazione senza che ci sia ancora stato un incontro reale, o semplicemente imbarazzo per il tempo speso online invece che con voi. Il problema centrale non è tanto cosa nasconde il telefono, ma il fatto stesso che ci sia improvvisamente qualcosa da nascondere in una relazione che dovrebbe essere basata sulla trasparenza.

Privacy legittima contro segretezza tossica

Ovviamente esiste una differenza enorme tra privacy legittima e segretezza tossica. Tutti abbiamo diritto a spazi personali, anche nelle relazioni più intime. Nessuno deve rendere conto di ogni messaggio o ogni like sui social. Il problema sorge quando il cambiamento è improvviso, non spiegato e accompagnato da comportamenti difensivi eccessivi. Quando il telefono, che prima era tranquillamente sul tavolo, diventa improvvisamente un oggetto da proteggere come un segreto di stato, qualcosa è cambiato. E quel qualcosa merita una conversazione onesta, non un interrogatorio da commissariato.

Il partner che non si appoggia più a voi nei momenti difficili

Quarto segnale, spesso sottovalutato ma estremamente significativo: il partner smette di cercare il vostro sostegno nei momenti difficili. Non vi racconta più i problemi al lavoro, non cerca conforto quando è stressato, non condivide le preoccupazioni che lo tengono sveglio la notte. Gestisce tutto in solitudine, o peggio ancora, cerca supporto emotivo prevalentemente da altre persone.

La teoria dell’attaccamento adulto, sviluppata originariamente da Hazan e Shaver e approfondita da decenni di ricerca successiva, ci insegna che una coppia sana funziona come base sicura: un luogo dove tornare quando le cose vanno male. Quando uno dei partner smette di usare la relazione come principale risorsa di regolazione emotiva e preferisce sistematicamente rivolgersi ad altre persone per condividere vulnerabilità, la funzione protettiva della coppia si sta sgretolando.

E cosa succede quando qualcun altro diventa la persona con cui il partner si apre davvero? Quando quel collega simpatico o quell’amica comprensiva diventano i confidenti principali per paure, speranze, frustrazioni? Si crea un legame emotivo profondo con quella persona, esattamente il tipo di legame che dovrebbe essere il cuore pulsante della vostra relazione. Molti terapeuti considerano questa distanza emotiva crescente altrettanto o più dolorosa di quella fisica, proprio perché tocca il nucleo della connessione affettiva. Ricerche condotte su questo tema mostrano che quando la condivisione emotiva significativa si sposta stabilmente verso una terza persona, si crea una frattura nella coppia primaria che aumenta drammaticamente il rischio che quella connessione emotiva si trasformi in qualcosa di più.

Quale segnale ti spaventa di più in una relazione?
Disconnessione emotiva
Silenzio fisico
Segreti digitali
Mancanza di sostegno
Desiderio di novità

Storia personale e tratti di personalità che aumentano la vulnerabilità

Il quinto e ultimo segnale non è un comportamento specifico, ma una costellazione di fattori di rischio legati alla storia personale e ai tratti di personalità del partner. La ricerca psicologica ha identificato alcuni elementi che, statisticamente parlando, aumentano la probabilità di infedeltà. E qui la parola chiave è statisticamente: stiamo parlando di fattori di rischio, non di condanne scritte nella pietra.

Primo fattore: una storia di infedeltà precedenti. Gli studi su coppie sposate, come quelli riportati da Fincham e May nella rassegna pubblicata su Current Opinion in Psychology, mostrano che chi ha tradito in passato ha una probabilità significativamente maggiore di farlo di nuovo rispetto a chi non ha mai tradito. Non perché sia geneticamente programmato per tradire, ma perché ha già superato quella barriera psicologica una volta e potrebbe trovarsi più facilmente a farlo di nuovo quando si presentano le condizioni.

Secondo fattore: alcuni tratti di personalità. Ricerche empiriche, come quelle condotte da Bogaert e Sadava pubblicate sul Journal of Sex Research, hanno messo in relazione caratteristiche come narcisismo, elevata impulsività, alta ricerca di novità e orientamento sociosessuale non restrittivo con una maggiore probabilità di infedeltà. L’orientamento sociosessuale non restrittivo, in particolare, si riferisce a una maggiore apertura verso rapporti sessuali al di fuori di un forte legame emotivo.

Terzo fattore: insoddisfazione cronica, sia emotiva che sessuale. Molti studi indicano che bassa soddisfazione relazionale e bassa soddisfazione sessuale sono tra i motivi più frequentemente riportati da chi ammette di aver tradito. L’Osservatorio Italiano sull’Infedeltà 2025, condotto da YouGov su oltre millecinquecento persone, riporta che tra le principali motivazioni dichiarate per tradire ci sono la carenza di attenzioni emotive e il desiderio di novità, oltre all’attrazione fisica.

È fondamentale capire che questi non sono marchi del traditore seriale. Sono fattori che, in combinazione con situazioni di crisi relazionale, possono aumentare la probabilità che qualcuno varchi il confine. Moltissime persone con questi tratti o questa storia non tradiscono mai, soprattutto se la relazione è solida, se c’è consapevolezza dei propri punti vulnerabili e se si lavora attivamente sul mantenimento della connessione di coppia.

Cosa fare con questi segnali senza diventare paranoici

Ora che abbiamo identificato questi cinque segnali, la domanda cruciale è: e adesso? Come si usano queste informazioni senza trasformarsi in un investigatore paranoico che vede complotti ovunque? Prima cosa da capire: questi segnali non sono prove di colpevolezza. Non sono nemmeno indizi in senso investigativo. Sono indicatori che la relazione sta attraversando una fase di vulnerabilità e che ha bisogno di attenzione immediata. Gli stessi segnali possono comparire in situazioni di depressione, burnout professionale, lutto, crisi esistenziale personale che non hanno nulla a che fare con l’infedeltà.

Seconda cosa: il dialogo è l’unico strumento che avete, se volete davvero lavorare sulla relazione. Non il controllo, non lo spionaggio digitale, non l’interpretazione solitaria dei segnali chiusi nella vostra testa. Le linee guida della terapia di coppia, come quelle proposte da John Gottman nel suo lavoro sui principi per far funzionare il matrimonio, suggeriscono conversazioni aperte e non accusatorie, in cui si parla dei propri vissuti piuttosto che muovere accuse.

Invece di dire “ti vedo sempre al telefono, con chi stai messaggiando?”, provate con “mi sento distante da te ultimamente e mi preoccupa. Possiamo parlare di cosa sta succedendo a noi?”. La differenza è enorme: nel primo caso mettete il partner sulla difensiva, nel secondo aprite uno spazio per il dialogo autentico.

Terza cosa: la responsabilità è sempre, almeno in parte, condivisa. Anche se tecnicamente il tradimento è una scelta individuale, la salute di una relazione dipende da entrambi i partner. Se state notando questi segnali, chiedetevi anche: io cosa sto facendo per nutrire questa relazione? Sono presente emotivamente? Creo spazi per l’intimità e la connessione? O anche io mi sono ritirato nel mio bunker personale fatto di lavoro, amici e distrazioni?

Quando è il momento di chiedere aiuto a un professionista

Se questi segnali persistono nonostante i vostri tentativi di dialogo, se la distanza continua ad aumentare nonostante gli sforzi, se sentite che state perdendo completamente la connessione, potrebbe essere il momento di considerare un supporto professionale. Un terapeuta di coppia può aiutarvi a navigare queste acque agitate, a comprendere le dinamiche che si sono create e a lavorare su strategie concrete per ricostruire la relazione.

Molti psicoterapeuti descrivono il tradimento e le sue avvisaglie come eventi che superano spesso le risorse della coppia se affrontati da soli. Non c’è nulla di vergognoso nel chiedere aiuto. Anzi, riconoscere che la relazione è in difficoltà e agire di conseguenza è un segno di maturità e di reale investimento nel benessere di coppia. Troppo spesso le coppie arrivano in terapia quando ormai l’unica cosa da fare è gestire la separazione nel modo meno doloroso possibile. Arrivare prima, quando i segnali sono ancora segnali e non ancora macerie fumanti, può fare la differenza tra salvare la relazione e vederla implodere.

L’infedeltà come sintomo di un problema più profondo

Ecco probabilmente la prospettiva più importante da portare a casa: nella maggior parte dei casi, l’infedeltà non è la malattia, ma il sintomo. È il modo distruttivo e doloroso in cui emerge un malessere relazionale che probabilmente era lì da tempo, ignorato, minimizzato, non affrontato. Questo non significa giustificare il tradimento. La scelta di tradire rimane una responsabilità individuale, e il dolore che causa è reale, documentato da numerose ricerche su ansia, depressione, crollo dell’autostima e perdita di fiducia dopo la scoperta di un’infedeltà.

Ma significa capire che concentrarsi solo sull’atto del tradimento senza guardare al contesto relazionale in cui è avvenuto è come curare solo la febbre senza cercare l’infezione che la causa. I cinque segnali che abbiamo esplorato sono tutti inviti ad agire. Non sono allarmi per trasformarvi in detective ossessivi, ma campanelli che suonano per dirvi: ehi, qui c’è qualcosa che non va. È il momento di fermarsi, guardarsi, parlarsi davvero.

Le relazioni sono organismi viventi che hanno bisogno di nutrimento costante, di attenzione, di cura quotidiana. Quando iniziamo a dare tutto per scontato, quando smettiamo di investire energia nella connessione emotiva, quando lasciamo che la routine quotidiana eroda lentamente l’intimità, stiamo creando le condizioni perfette per quella vulnerabilità di cui abbiamo parlato. E in quello spazio vuoto, in quella distanza non colmata, possono infilarsi dinamiche pericolose.

Quindi, invece di usare questi segnali come una checklist per scoprire il colpevole, usateli come uno specchio per guardare lo stato di salute della vostra relazione. Chiedetevi: stiamo davvero ancora connessi? Ci vediamo ancora, ci ascoltiamo ancora, ci scegliamo ancora ogni giorno? E se la risposta è no, cosa possiamo fare insieme per ritrovarci? Studi recenti, inclusi quelli italiani sull’infedeltà, suggeriscono che il fattore protettivo principale non è il controllo ossessivo o la paura, ma la qualità globale della relazione: soddisfazione emotiva e sessuale, senso di fiducia reciproca, comunicazione aperta e impegno percepito.

L’antidoto più realistico all’infedeltà non è vivere nel terrore, ma costruire quotidianamente una relazione in cui il bisogno di cercare altrove si riduce perché ci si sente visti, scelti, considerati un porto sicuro. Perché alla fine, questo è il vero segreto: non impedire fisicamente all’altro di tradire, cosa che è impossibile, ma creare insieme una relazione così ricca di intimità emotiva e fisica, così basata sulla fiducia reciproca e sul dialogo aperto, che l’idea stessa di cercare altrove diventa semplicemente non interessante. Non per paura delle conseguenze, ma perché si ha già tutto ciò di cui si ha bisogno a casa.

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