Vostro figlio dice sempre non sono capace: cosa sta davvero comunicando e come rispondere senza peggiorare tutto

Quando un bambino risponde “non sono capace”, “tanto sbaglio sempre” oppure rifiuta di provare una nuova attività per paura di fallire, molti genitori si sentono impotenti di fronte a questa fragilità emotiva. La scarsa autostima infantile non è semplicemente una fase passeggera: rappresenta un vero e proprio campanello d’allarme che richiede attenzione e strategie mirate. Ricerche longitudinali indicano che un basso senso di autostima in infanzia è associato a maggior rischio di sintomi depressivi e problemi di adattamento in adolescenza e prima età adulta, con ripercussioni significative sul rendimento scolastico e sulle relazioni sociali.

Le radici invisibili dell’insicurezza infantile

Prima di intervenire, è fondamentale comprendere che l’autostima nei bambini si costruisce anche attraverso lo sguardo degli adulti significativi. Non si tratta di quanto spesso diciamo “bravo” a nostro figlio, ma di come comunichiamo il nostro apprezzamento per chi è, non solo per ciò che fa. Gli studi di Carol Dweck e colleghi hanno mostrato che lodare lo sforzo piuttosto che tratti fissi come l’intelligenza innata favorisce una mentalità di crescita e una maggiore perseveranza di fronte alle difficoltà.

Un bambino che si svaluta costantemente ha spesso interiorizzato messaggi impliciti: confronti con fratelli o compagni, aspettative troppo elevate, oppure paradossalmente un eccesso di protezione che comunica “non sei in grado di affrontare le difficoltà da solo”. La letteratura sullo stile genitoriale iperprotettivo collega questa modalità a maggiore ansia e minore senso di autoefficacia nei figli. Anche i nonni, pur animati dalle migliori intenzioni, possono involontariamente contribuire sostituendosi al nipote nelle piccole sfide quotidiane, riducendo le occasioni di sperimentare competenza.

Quando l’evitamento diventa una strategia di sopravvivenza

Il rifiuto di nuove esperienze non è pigrizia o capriccio: è una strategia difensiva sofisticata. I modelli psicologici mostrano che alcuni bambini preferiscono non tentare per proteggersi dalla possibilità di confermare un’immagine di sé come incapaci. Questa dinamica crea però un circolo vizioso: meno esperienze fa, meno competenze sviluppa, più si sente inadeguato.

I genitori spesso reagiscono in due modi controproducenti: forzando il bambino (“dai, non fare il fifone!”) oppure assecondando completamente l’evitamento per risparmiare sofferenza. Entrambi gli approcci possono rinforzare l’idea di essere incapaci: l’umiliazione pubblica è collegata a vergogna e ritiro sociale, mentre l’eccessiva protezione riduce le opportunità di apprendere strategie attive per affrontare le difficoltà.

Strategie concrete per ricostruire la fiducia in sé

Riformulare il linguaggio delle aspettative

Eliminate dal vocabolario familiare espressioni come “è facile, ce la fai” quando presentate una nuova attività. Per un bambino con bassa autostima, questa frase può generare ansia: se è così facile e lui non riesce, significa che è davvero incapace. Sostituitela con: “Questa cosa è nuova per te, è normale trovare difficoltà all’inizio. Io sono qui se hai bisogno”. Questa modalità è coerente con gli interventi orientati a lodare il processo e a normalizzare la difficoltà come parte naturale dell’apprendimento.

La tecnica dei piccoli successi progressivi

L’autostima e soprattutto il senso di autoefficacia si nutrono di esperienze di padronanza, cioè di compiti affrontati e superati gradualmente. Scomponete i compiti complessi in microobiettivi raggiungibili. Se vostro figlio evita i compiti di matematica, non chiedetegli di completare tutta la pagina, ma valorizzate i primi tre esercizi. La ricerca neurocognitiva mostra che il raggiungimento di obiettivi parziali è associato all’attivazione dei circuiti della ricompensa e al rilascio di dopamina, che rinforzano i comportamenti orientati al compito, creando un’associazione positiva con l’impegno.

Normalizzare l’errore come strumento di crescita

Condividete i vostri errori quotidiani, anche quelli banali, spiegando cosa avete imparato. “Oggi ho sbagliato strada e ho fatto tardi, ma ho scoperto un parco bellissimo che non conoscevo” comunica che sbagliare fa parte della vita e può aprire opportunità inaspettate. In ambito educativo, vari studi mostrano che quando insegnanti e adulti significativi trattano l’errore come parte del processo di apprendimento, gli studenti sviluppano una migliore regolazione emotiva rispetto alla frustrazione e una maggiore persistenza.

Il ruolo prezioso dei nonni nella costruzione dell’autostima

I nonni possiedono spesso una risorsa preziosa: il tempo con minore pressione legata a lavoro e impegni quotidiani. A differenza di molti genitori, spesso sotto stress per conciliare lavoro e famiglia, i nonni possono dedicarsi al nipote con una presenza più calma e meno centrata sulla performance. La letteratura sulle relazioni intergenerazionali indica che il coinvolgimento positivo dei nonni è associato a maggior benessere emotivo e supporto percepito nei bambini e adolescenti.

Suggerite ai nonni di coinvolgere i nipoti in attività pratiche dove il risultato è meno importante del processo: cucinare insieme, sistemare il giardino, riparare piccoli oggetti. Queste esperienze trasmettono un messaggio potente: “Il tuo contributo ha valore, sei utile e capace”. Studi sulla partecipazione familiare mostrano che prendere parte a compiti reali e significativi in casa rafforza il senso di competenza e appartenenza dei bambini. Ricerche su campioni europei indicano che bambini e adolescenti che riportano relazioni strette e di qualità con i nonni tendono a mostrare livelli più alti di benessere psicologico e minori sintomi internalizzanti.

Segnali che richiedono supporto professionale

Alcune manifestazioni di bassa autostima richiedono l’intervento di uno psicologo infantile:

  • Isolamento sociale progressivo e rifiuto di frequentare coetanei, collegato a maggior rischio di ansia sociale e depressione in età evolutiva
  • Sintomi somatici ricorrenti come mal di pancia o mal di testa prima di situazioni valutative, che rientrano spesso nelle manifestazioni di ansia da prestazione o ansia scolastica
  • Verbalizzazioni negative persistenti su di sé come “sono stupido” o “nessuno mi vuole”, associate a schemi di autosvalutazione e rischio aumentato di sintomi depressivi
  • Regressioni comportamentali come pipì a letto o linguaggio infantile dopo i 6-7 anni, soprattutto se insorte dopo eventi stressanti, che possono rappresentare segnali di disagio emotivo significativo
  • Rifiuto scolastico che perdura oltre le due settimane, fenomeno che richiede valutazione clinica se persistente

Non considerate la richiesta di aiuto come un fallimento genitoriale, ma come un atto di responsabilità. L’Organizzazione Mondiale della Sanità sottolinea l’importanza dell’intervento precoce nelle difficoltà emotive infantili per ridurre significativamente il rischio di disturbi psicologici in età adulta.

Quando tuo figlio dice non sono capace tu cosa fai?
Lo incoraggio dicendo che è facile
Lo proteggo evitando la frustrazione
Normalizzo la difficoltà e resto vicino
Lo spingo a provarci comunque
Chiedo aiuto ai nonni

Creare un ecosistema familiare nutriente

L’autostima non si costruisce con interventi isolati, ma attraverso un ambiente relazionale coerente. Questo significa che genitori e nonni devono allinearsi su messaggi e modalità educative. La coerenza dello stile educativo tra figure di riferimento è associata a una migliore regolazione emotiva e a minori comportamenti problematici nei bambini. Organizzate momenti di confronto tra generazioni, dove i nonni possano raccontare come hanno affrontato le proprie insicurezze da bambini: la condivisione di narrazioni personali di superamento delle difficoltà è associata a maggiore resilienza e senso di continuità nei figli.

Ricordate che il vostro bambino non ha bisogno di genitori perfetti, ma di adulti autentici che riconoscono le sue emozioni, accettano le sue paure senza amplificarle e gli offrono opportunità calibrate per scoprire che, passo dopo passo, è molto più capace di quanto credesse. Un clima familiare caratterizzato da supporto emotivo, validazione delle emozioni e aspettative realistiche è associato a migliori livelli di autostima e minori disturbi internalizzanti. La fiducia in sé si conquista attraverso esperienze ripetute di successo, e il compito degli adulti di riferimento è creare le condizioni perché queste esperienze possano accadere, con pazienza e costanza.

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